Perché festeggiamo Sant'Antonio? 

Anche i comuni dell'Asolana si preparano a festeggiare Sant'Antonio Abate. Ma chi era il santo? Che vita ha fatto? Qual è la sua importanza? 

Immagine di S.Antonio presente in moltissime stalle
Immagine di S.Antonio presente in moltissime stalle

Innanzitutto S.Antonio Abate non è da confondere con S.Antonio da Padova. S.Antonio Abate, conosciuto tra le terre mantovane e bresciane come Sant'Antone chisuler, era egiziano. Condusse una vita ritirata fatta di preghiera, sacrificio ed eremitaggio.

 

Il santo è venerato soprattutto come protettore degli animali e degli agricoltori. La sua immagine è presente in quasi tutte le stalle e viene festeggiato il 17 gennaio con la tradizionale benedizione degli animali e dei mezzi agricoli.

 

Un altro elemento tradizionale connesso a Sant’Antonio Abate, riconosciuto come colui che vinse i diavoli e le fiamme dell’inferno, è quello dei “fuochi di S. Antonio” detti "buriel", ossia enormi cataste di legna a cui viene dato fuoco nelle campagne.

 

Cosa si mangia per S.Antonio lungo l'Asolana? Immancabile il salame di maiale alla brace (brasarol), i tortelli di zucca, la torta dura e la focaccia con i ciccioli (chisola con le grépule).

Benedizione dei trattori
Benedizione dei trattori

Che vita ha fatto S.Antonio? Il santo nacque a Coma, nell'odierno Egitto, attorno al 251 (d.C) figlio di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano, distribuì tutti i beni della sua eredità ai poveri e si ritirò in un luogo solitario ai margini del deserto per dialogare con Dio. Qui il diavolo iniziò a perseguitarlo con seduzioni di ogni tipo.

 

Nel 311, nel bel mezzo delle persecuzioni volute dall’imperatore Massimino, Antonio se ne va ad Alessandria d'Egitto per sostenere la vessata comunità cristiana, ma ben presto il richiamo del deserto fu più forte e il santo torna sui monti della Tebaide, dove, secondo la tradizione, morì nel 356 all’età di 105 anni.

Tormento di S.Antonio, opera del pittore bresciano Gerolamo Savoldo, databile tra il 1521-1525 e ora conservata alla Timken gallery di San Diego (Usa)
Tormento di S.Antonio, opera del pittore bresciano Gerolamo Savoldo, databile tra il 1521-1525 e ora conservata alla Timken gallery di San Diego (Usa)

Difficile stabilire il confine fra storia e leggenda, anche se di certo Antonio ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo del monachesimo cristiano. Ben presto però il mito superò la realtà, a cominciare dal miracoloso ritrovamento delle spoglie del santo dopo 170 anni dalla sua morte. Furono infatti due leopardi a scavare la terra in cui era seppellito il feretro dell’abate, che iniziò ad operare miracoli già durante il suo viaggio verso Costantinopoli, scacciando i demoni, sanando i malati e salvando da morte sicura alcuni condannati al patibolo.

 

Nel corso dei secoli Antonio diventa il santo taumaturgo per eccellenza invocato contro la peste e soprattutto contro una misteriosa malattia che causava morti atroci, lasciando le carni dei malcapitati crepitanti e piene di ferite, come se un fuoco inestinguibile le avesse tormentate. Era il “Fuoco sacro” o “Fuoco di Sant’Antonio”, che oggi conosciamo come ergotismo, patologia causata da un parassita delle graminacee. Nel tempo tradizione ha poi fatto il resto. 

(alpo)

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