di Enrico Cantino
Quando si tratta di cartoni animati, i giapponesi seguono una politica molto precisa. Essendo molto attenti al proprio pubblico, infatti, non si muovono a casaccio: le caratteristiche di ogni serie (storie, design, orario di trasmissione) sono studiate in base all’età dei destinatari. Ciascuna fascia può contare su prodotti ben mirati. Ci sono anime per i più piccoli, come ad esempio la storica Ape Maia o Hamtaro. Ci sono anime per adolescenti, cioè per ragazzi più grandi: ecco allora le serie robotiche oppure di fantascienza. Ci sono infine anime per adulti: questa categoria include anche gli hentai, di tipo erotico e pornografico. Un’ulteriore suddivisione prevede la realizzazione di cartoni animati per il pubblico maschile (gli shōnen) e per quello femminile (gli shōjo).
Ora, nel nostro paese praticamente nessuno ha tenuto conto di questa diversificazione. I bambini si sono spesso dovuti sciroppare roba fatta apposta per gli adolescenti, e viceversa. Portiamo qualche esempio di quelli che si definiscono eclatanti per rendere l’idea. Una serie come Lady Georgie, che racconta la storia di una ragazzina piuttosto disinibita dal punto di vista sessuale, non è certo la più adatta per i più piccoli, ma nemmeno per i più grandi, dal momento che affronta tematiche molto delicate come l’incesto, la droga e quant’altro. Tutta roba che non può essere compresa, e tanto meno metabolizzata con tranquillità.
Se poi vogliamo aprire il capitolo della violenza, il discorso diventa ancora più scontato. Diciamolo chiaro e tondo, così non si corre il rischio di equivocare: alcuni cartoni animati giapponesi sono violenti. Negarlo sarebbe sciocco e, forse, pure immorale. Questo, almeno all’inizio, ha sempre suscitato grandi polemiche da parte di genitori, educatori e insegnanti. Qualche politico è arrivato addirittura al punto di rivolgere al governo specifiche interpellanze parlamentari (come se in Italia non ci fossero problemi ben più seri già allora).
Anche qui, può venirci in soccorso un esempio di quelli ragionevolmente clamorosi. La Rai acquista dal Giappone l’anime robotico che vede quale protagonista Mazinga Zeta. Prima di entrare nel dettaglio, non sarà male precisare che questa serie fa parte di una trilogia, che prosegue con il Grande Mazinga e si conclude con Goldrake. L’elemento che funge da fil rouge narrativo è costituito dalla presenza di Koji Kabuto, pilota del robottone. Protagonista assoluto in Mazinga Zeta, mera comparsa ne Il Grande Mazinga (si vede solo negli ultimi episodi della serie) e comprimario di lusso in Atlas Ufo Robot, dove assume il nome di Alcor.
Ma gli spettatori italiani non hanno avuto la possibilità di comprendere tutto questo, poiché la televisione italiana ha trasmesso i tre anime a rovescio, partendo cioè dal fondo: prima Goldrake, poi il Grande Mazinga e infine Mazinga Zeta. Oltretutto l’occidentalizzazione che ha interessato i nomi dei personaggi ha contribuito non poco a intorbidare acque di per sé poco limpide.
Veniamo, adesso, a Mazinga Zeta. Il cartone animato si compone di ben 92 episodi (una delle più lunghe, insomma, sebbene adesso ve ne siano diverse che superano di parecchio quota cento, come Dragon Ball Z, Detective Conan e One Piece). La Rai, però, ne ha interrotto la messa in onda al cinquantaseiesimo episodio, lasciando inediti i restanti trentasei. La motivazione adottata è stata l’eccessiva violenza. Che però è una giustificazione molto più che debole. Perché è vero: Mazinga Zeta è violento (anche se si è visto di peggio), ma bastava guardarne appena dieci episodi per capirlo. Sarebbe stato sufficiente un’occhiata preventiva prima dell’acquisto. La serie non sarebbe stata presa, né trasmessa. E si sarebbero evitate tante polemiche del tutto inutili.
Il problema, insomma, non sta tanto negli anime in sé, quanto nella superficialità con cui sono stati gestiti dalla televisione italiana, che li ha presi a scatola chiusa, vale a dire senza prima verificarne i contenuti. Anche se l’errore più grave è stato un altro: trasmettere la serie in una fascia oraria diversa da quella per cui era stata originariamente pensato. Se sai che davanti allo schermo ci sono dei bambini, forse dovresti evitare la programmazione di una serie come Ken il guerriero, conosciuta per l’alto tasso di elementi splatter presenti nella storia.
È tutta una questione di programmazione. Sbagliata, però.
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