di Enrico Cantino
Fin dall’inizio la televisione italiana si è distinta per una gestione eccessivamente disinvolta degli anime nipponici, attuando una politica che prevedeva deformazioni, mutilazioni, censure e quant’altro.
In diversi casi gli adattatori hanno scelto di occidentalizzare i nomi dei protagonisti. È successo in Kiss me Licia (il bambino fratello del protagonista maschile viene ribattezzato Andrea, nome che suona inconsueto per il Giappone), È quasi magia Johnny (i lati del triangolo amoroso di cui tratta la serie: Johnny, Sabrina e Tinetta; il primo ci starebbe anche, gli altri due meno), Holly e Benji (ai calciatori giapponesi sono stati appiccicati nomi dal retrogusto anglosassone: Mark Lenders, Oliver Hutton e così via), Star Blazers (non solo i personaggi assumono nomi anglosassoni come Derek Wilstar: l’astronave da Yamato passa a chiamarsi Argo).
Molti anime si sono invece visti ridurre drasticamente il numero degli episodi. A cominciare dai robottoni. Mazinga Zeta ne aveva ben 92, ma noi ne abbiamo visti soltanto 56. A Goldrake è andata meglio, perché gliene hanno soppressi appena tre: 15, 59 e 71. Getta Robot ha subito un trattamento particolare. Intanto lo hanno trasmesso sotto il titolo Space Robot, che non ha molto a che fare con quello originale (Getter Robot). La trasmissione è stata interrotta a quota 39. Il seguito subisce un destino simile: titolo taroccato – Jet Robot anziché Getter Robot G – e soppressione di 13 episodi su 39, ma in ordine sparso (14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 26, 28, 29, 37, 38 e 39). Gaiking e Gackeen, rispettivamente di 44 e 39 episodi, vengono interrotti entrambi a quota 26. Con una differenza, però: i due anime vengono successivamente completati per l’edizione in VHS e DVD, dopo avere dotato la parte rimanente di un nuovo doppiaggio.
Clamoroso, invece, il caso di Baldios. Gli episodi dovevano essere 39, ma i giapponesi si sono fermati a 34 per problemi di audience. Noi ne abbiamo trasmessi 32, riuscendo nella non facile impresa di interrompere una serie già interrotta di suo. Il finale viene comunque svelato in un film di 117 minuti messo insieme dalla distribuzione italiana. Chiudiamo con God Sigma, emblematico esempio di insensatezza: la serie è stata sospesa… a due soli episodi dalla fine. Sarebbe davvero curioso conoscere le motivazioni d’una simile scelleratezza.
Gli anime robotici non sono stati gli unici a subire mutilazioni di quel tipo. La scure si è abbattuta anche su una serie sentimentale intitolata Piccoli problemi di cuore. Gli episodi sono 76, distribuiti in due stagioni, corrispondenti ad altrettante fasi narrative: la prima va da 1 a 49, mentre la seconda da 50 a 76. questo per consentire al manga e all’anime di finire nello stesso momento. C’è solo un problema: noi – tanto per non smentirci – ci siamo fermati a quota 63. All’appello ne mancano 13 episodi, oltretutto fondamentali. Forse li hanno omessi perché in essi si scopre che i due innamorati protagonisti della vicenda scoprono che potrebbero essere fratello e sorella (anche se poi non è davvero così).
Numerose anche le censure, più o meno giustificate. Il caso più semplice è la rimozione di singole scene, ritenute inopportune, ma non si sa in base a quali criteri. Dal finale della saga di Sailor Moon sono state tolte le sequenze che mostravano la protagonista senza veli. Il che ci può anche stare, se vogliamo. Poi viene annacquato – per non dire cassato – il legame saffico che intercorre fra le due guerriere Sailor Neptuno e Sailor Uranus.
La prima ha un comportamento maschile, sia come abbigliamento, sia come interessi (le macchine sportive). La seconda è l’esatto opposto: suona il violino ed è molto femminile. Gli adattatori scelgono di presentarle come molto amiche. Anche se non è difficile intuire che fra le due c’è qualcosa di più.
Alla serie sentimentale conosciuta come È quasi magia Johnny, è stato applicato un trattamento particolare, oltre che intensivo. Cambiato completamente il titolo originale Kimagure Orange Road, che tradotto suonerebbe come Capricciosa Orange Road. Come accennato sopra, occidentalizzati i nomi dei tre giovani protagonisti, coinvolti in un triangolo amoroso, nel senso che lui, Johnny, è indeciso fra Sabrina e Tinetta (che suonano assai poco giapponesi). Infine, segata una scena (che però si può vedere nella sigla). L’ambientazione è notturna. Lampione e relativa panchina. Johnny e Sabrina sono seduti. Effetto moviola. Lei chiude gli occhi, sorridendo appena appena. Appoggia il capo sulla spalla di lui, che non riesce a nascondere la propria emozione. Un gesto semplice, affettuoso. Proprio non si capisce cosa possano avervi scorto di proibito o perturbante gli adattatori della Fininvest. Probabilmente non lo sapremo mai. In ogni caso, terminata la messa in onda, è stata curata l’edizione integrale dei 48 episodi, che si distingue dalla versione televisiva per il suo rigore filologico: ripristino di titolo e nomi originali, traduzione maggiormente accurata, recupero delle sequenze eliminate. Tutto questo ha comportato anche un nuovo doppiaggio.
Ci sarebbero poi da segnalare un paio di casi riguardanti spudorate manipolazioni della trama attraverso operazioni di taglia cuci e incolla che hanno stravolto o complicato il finale di alcuni anime. Su tutti, spicca l’epilogo di Rocky Joe. Secondo la versione italiana, il protagonista – pugile di grande talento nonché di belle speranze – arriva alla finale mondiale contro Mendoza, campione messicano in carica. Joe si batte come un leone, ma non gli basta. Perde, anche se a testa alta. Poi va a sedersi al suo angolo per riposarsi, e, intanto che c’è, dichiarare il proprio amore alla manager che ne ha seguito la carriera. Peccato che tutto questo non rispecchi l’originale giapponese. Joe non sopravvive all’incontro. Muore lì, sul ring, senza fare tanto chiasso. Come del resto accade nel manga da cui è tratta la serie animata.
Non parliamo, poi, dell’Ape Magà, il cui anime viene acquistato sull’onda del successo ottenuto dalla più famosa Ape Maia. C’è solo un dettaglio. L’insetto non si chiama Magà. Il nome viene inventato per assonanza, appunto, con Maia. Questioni commerciali, come si diceva. Ed è un machio, non una femmina (si vede anche, a dire il vero). In questo caso, però, Mediaset ha compiuto un’operazione di rispetto filologico. Nel senso che ha ridoppiato la serie, restituendo a Magà il sesso maschile pur mantenendo il nome italiano.
Non siamo gli unici, però, a intervenire arbitrariamente sulla struttura di un anime. Anche gli americani, per dire, hanno fatto la loro parte. Nel 1982 Canale 5 trasmette l’anime robotico Golion. Riproposto quattro anni dopo su Euro Tv, ma nella versione americana. Che, tanto per gradire, cambia il nome del robot in Voltron, “cancella” la morte di uno dei piloti − facendoci credere che, in realtà, costui sia solo scomparso – e fa fuggire tutti i cattivi, che invece nella versione originale muoiono.
Per fortuna ora la televisione italiana ha scelto di rispettare maggiormente dal punto di vista filologico i prodotti animati del Sol Levante. Meglio tardi che mai.
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