La vera storia di un IMI castiglionese

Castiglione – Guerra, prigionia, atrocità. Sono parole che riecheggiano tempi passati. E non devono mai finire nel dimenticatoio. Il nostro compito? Trasmettere ai posteri le testimonianze dei nostri nonni. Come nel caso di Valentina Folloni, 27 anni, dottoranda in matematica di Gozzolina di Castiglione delle Stiviere. Ha scritto un libro sulle vicende del suo bisnonno durante la Seconda guerra mondiale: da combattente per l'esercito italiano a internato militare (IMI) in un campo di prigionia nazista.

Battista Fezzardi
Battista Fezzardi

Battista Fezzardi, così si chiamava il bisnonno della ragazza, era nato nel 1914. Un uomo dalla scorza dura e “Più forte della prigionia” come dice il titolo del libro. Dopo l'8 settembre del '43, ossia dopo la firma da parte dell'Italia dell'armistizio con le forze anglo-americane, molti militari italiani vennero catturati da nazisti. Tra questi il bisnonno di Valentina, che il 9 settembre fu catturato in Grecia dai tedeschi. Dopo un viaggio interminabile durato 22 giorni a bordo di un treno merci, fu internato nello Stammlager IV C, a pochi chilometri da Dresda. «Visse in quel campo – dice Valentina - in condizioni disumane, senza cibo e sottoposto a massacranti turni di lavoro coatto, per 22 mesi».

 

Fin da bambina Valentina ha ascoltato con occhi attenti la storia del nonno. «Da piccola mi sembrava una storia estremamente triste. Più avanti, quando a scuola le maestre mi parlarono della Seconda guerra mondiale, cominciai a capire che quella che mi raccontava il mio bisnonno doveva essere una vicenda strettamente connessa con la Storia (quella dei libri). Affidavo ad improvvisati foglietti le sue parole, per non rischiare di perderle. Con il passare degli anni, quella vicenda mi appassionò sempre di più».

 

«Al termine del liceo – continua Valentina - decisi di cominciare le ricerche. Iniziò così un lungo periodo di studio e ricerca presso gli archivi comunali e parrocchiali. Fu un lavoro lungo e faticoso. Ad un certo punto mi resi conto che lì di fronte a me avevo migliaia di tessere di un puzzle che voleva essere composto. Lo scorso anno ho trovato il coraggio (e un po’ di tempo) e mi sono messa al lavoro. Ho studiato con attenzione la storia degli IMI, confrontandola con quella del mio bisnonno».

Battista Fezzardi da giovane
Battista Fezzardi da giovane

Dal lavoro di Valentina ne è uscito un libro dal titolo “Più forte della prigionia – La vera storia di un IMI castiglionese” edito da PresentARTsì, nel quale viene presentata la Storia (quella importante, dei manuali) e la microstoria, quella fatta dagli uomini comuni. Nel libro non solo si parla solo della vicenda di Battista, venuto a mancare all'alba dei 100 anni nel settembre 2013, ma sono riassunte e ricostruite le vicende dei nostri nonni e bisnonni (circa 800.000 giovani italiani divennero IMI durante la seconda guerra mondiale). Per chi volesse acquistare il libro può chiederlo, tramite questa pagina facebook, direttamente a Valentina. 

 

Dopo la pubblicazione, avvenuta negli ultimi mesi del 2015, sono iniziate le varie presentazioni del libro, soprattutto nelle scuole. Valentina è stata ospitata in Torre Civica a Medole, al festival Librarsi ad Asola, in una libreria di Castiglione. A gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, Valentina è stata ospite dei comuni dell’alto mantovano e delle scuole. In particolare, ha presentato il libro a Gozzolina, a Volta Mantovana, a Cavriana, a Solferino e a Casalmoro. Ha incontrato anche i ragazzi delle scuole superiori dell’Istituto Gonzaga di Castiglione e all’Istituto Manzoni di Suzzara e delle scuole medie di Remedello.

 

Ma cosa significa la sigla IMI? Sta per Internati Militari Italiani. Dopo l'8 settembre del 1943, 800 mila militari italiani vennero internati. Di questi circa 186 mila manifestarono fedeltà al regime nazista. Nei lager restarono dunque 615 mila italiani. Il trasferimento dei soldati verso il Reich si svolse secondo modalità brutali. Fu impedito a chiunque di offrire loro viveri o generi di conforto, come nel caso della mantovana Giuseppina Rippa, fulminata a colpi di mitra per aver osato offrire del pane a prigionieri di passaggio. Nella graduatoria delle simpatie gli italiani si trovarono relegati all'ultimo posto, dopo gli stessi russi, e questo comportò per loro un trattamento durissimo nei campi di concentramento. Una decisione personale di Hitler trasformò questi uomini in IMI: ciò comportò il venir meno di ogni possibile tutela nei loro confronti da parte della Croce rossa internazionale. 

 

Di seguito alcune immagini degli Imi durante la Seconda guerra mondiale.

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