La religione negli anime: lo Shintoismo Parte II

 

di Enrico Cantino

 

Riassumiamo i principi etici dello Shintoismo: bene uguale purezza (la purezza di cuore è chiamata makoto, che è anche il nome di uno dei protagonisti della serie fantascientifica Blue Noah), uguale esistenza vissuta in armonia con la natura. Al contrario, male uguale impurità, uguale distacco e separazione dal mondo naturale. Perché il mondo dei kami non trascende per niente quello degli uomini: il giapponese si sente fratello di ogni essere vivente, come pure di ogni entità in apparenza priva di anima o flusso vitale (vulcani, rocce, fiumi, ecc.). Lo spiccato senso artistico del popolo nipponico deriva proprio dall’amore fraterno per ogni manifestazione della natura, di fronte alla quale assume un atteggiamento che non è contemplativo, ma attivo e partecipativo (nella serie I Cavalieri dello Zodiaco, Sirio il Dragone sconfigge un pericolosissimo avversario proprio armonizzandosi con la natura circostante).

Amaterasu - Dea del sole
Amaterasu - Dea del sole

Il senso del rapporto che i giapponesi hanno con la natura è reso ancora più chiaro dalle parole di Will Ferguson, autore del saggio Autostop con Buddha: «I giapponesi hanno, di fatto, una relazione profonda con la natura, ma non con le forze selvagge e incontrollabili a cui noi occidentali siamo abituati ad associarla. È una natura armonica, addomesticata e perfezionata; è a questo che si riferiscono i giapponesi quando parlano di amore per la natura».

 

Se dèi e uomini si trovano sullo stesso piano, l’aldilà non ha più senso. Nell’uomo è presente una sorta di efflato chiamato tama (parola traducibile come «gioiello misterioso», il che rimanda quasi in automatico alla saga di Sailor Moon). Dopo la morte, si separa dal corpo e s’inoltra nell’oscurità. Siccome l’aldilà non esiste, viene lecito chiedersi che fine faccia questo tama. La risposta è semplice: rimane nel mondo, o meglio nella natura. In altre parole, lo Shintō si concentra sulla vita terrenaRimane da parlare della mitologia Shintoista, le cui tracce sono visibili in svariati anime (soprattutto di genere robotico e guerriero). La sua elaborazione è tarda, e in pratica è servita a fornire una legittimazione “alta” al potere della Stirpe Imperiale. Ogni evento importante, infatti, accade solo ed esclusivamente in Giappone.

 

Lo Shintoismo è un credo politeista, che non contempla una divinità assoluta concepita come creatore e/o sovrano del mondo. Tutto ha inizio dai due kami Izanami e Izanagi, rispettivamente il principio femminile e maschile da cui derivano tutte le cose, vale a dire la potenza riproduttiva della natura. Dalla loro unione sessuale nascono le isole di cui si compone il Giappone. Fin da subito, si stabilisce, senza tanti giri di parole, la stretta connessione esistente tra mondo divino e terra giapponese. Dopo di che, la coppia passa a sfornare le divinità del pantheon shintoista.

Da sinistra: i tre oggetti sacri dello Shintoismo e Izanagi e izanami

Izanami muore partorendo il dio del fuoco, e il suo compagno non la prende molto bene: decapita il figlio, dalla cui testa nascono altri esseri divini. Addolorato per la perdita, Izanagi, come in ogni leggenda classica che si rispetti, scende nel regno delle tenebre per vedere se può in qualche modo recuperare l’amata. La quale, indispettita per essere stata vista in avanzato stato di putrefazione, aizza una serie di divinità contro il compagno, che scappa e blocca l’ingresso agli inferi. Tornato sulla terra, deve purificarsi dalla contaminazione dovuta alla visione del cadavere di Izanami e di essere transitato per il regno delle tenebre. Lavandosi durante il rito di purificazione, “partorisce” tre figli: dall’occhio sinistro nasce Amaterasu ō mikami, dea del Sole, da quello destro Tsuka-yomi, dea della Luna che sovrintende al Paese delle Tenebre, e dal naso Susa no o, dio dei mari e dell’uragano che regna sulle Regioni del Mare.

 

La seconda conta meno del due di briscola: la divinità più importante è senza alcun dubbio Amaterasu. Perché regna sui Campi del Cielo e da lei discende l’attuale famiglia imperiale giapponese. I suoi attributi sono: gallo (divulgatore ufficiale del sorgere del sole) e corvo (messaggero; figura spesso presente in Lamù la ragazza dello spazio). La sua importanza è sottolineata anche da un fatto linguistico: il nome del Giappone, poi diventato Nippon, deriva dal cinese Jih-pen, che significa «origini del Sole».

 

Il mito racconta che prima di prendere possesso del suo regno, Susa no o decide di andare a salutare la sorella. Nel farlo, però, compie una serie di atti oltraggiosi che offendono a morte la dea, la quale si nasconde in una grotta, lasciando così il mondo al buio. Spetta alle altre divinità, con uno stratagemma, tirarla fuori dal suo nascondiglio. Intanto, il fratello viene cacciato dal cielo. Sceso sulla terra, si reca sull’isola di Kyushu ad Izumo, dove affronta e uccide un drago a otto teste cui ogni anno veniva sacrificata una fanciulla. Prende come sposa proprio l’ultima vittima designata, Onamuji (o Okuninushi). Poi dona ad Amaterasu una spada estratta dal ventre del drago. Il figlio di Susa no o e della fanciulla da lui salvata regna per un po’ a Izumo. Successivamente cede il posto a Ninigi, nipote di quinta generazione di Amaterasu, che la zia manda sulla Terra a governare il Giappone, dopo avergli donato le insegne del potere. Si tratta, in sostanza, dei tre oggetti sacri dello shintoismo: lo specchio, la spada, i gioielli.

Lo specchio a otto lati rappresenta la conoscenza e costituisce lo shintai (semplificando, è l’oggetto nel quale si ritiene risieda il kami) di Amaterasu. Per i giapponesi è anche simbolo di onestà, poiché risponde secondo la forma degli oggetti. Ricopre un ruolo importante in diversi anime (Stilly e lo specchio magico, Magica Emi, ecc). La spada è quella che Susa no o (il cui shintai è l’alabarda) ha donato alla sorella dopo averla estratta dal ventre del drago. Rappresenta il potere e la virtù guerriera. È l’arma più importante del samurai, e la ritroviamo nell’arsenale di quasi tutti i robottoni, alcuni dei quali la utilizzano nell’attacco finale (God Sigma, Golion/Voltron, Vultus V, Daltanious). I gioielli, simbolo dell’investitura divina, rappresentano la bellezza. Li troviamo in serie come Sailor Moon e I Cinque Samurai.

 


Il mito si conclude con un incidente. Dopo che Ninigi è sceso sulla Terra per diventare il primo imperatore del Giappone, il Ponte Celeste che unisce cielo e terra crolla. Per cui, il nipote di Amaterasu e il suo seguito sono costretti a fermarsi per sempre sulla Terra. Più che una teogonia, questa è una nippogenia. Di fatto, stabilisce lo status di stirpe divina del popolo giapponese, base e fondamento di tutti (o quasi) gli anime robotici. Ecco perché l’uomo è fondamentalmente buono: discende in linea diretta dagli dei, è figlio dei kami stessi.

Sacerdoti shintoisti
Sacerdoti shintoisti

Lo Shintoismo si è così radicato nella vita quotidiana del Giappone che non si è mai avvertita la necessità di elaborarlo in forma di dottrina: non ne sono state fornite spiegazioni teoriche, e tanto meno giustificazioni filosofiche. La fede nei kami è trasmessa attraverso l’osservanza delle usanze tradizionali. Viene appresa, non insegnata. Essa ha influenzato la morale comune, introducendo il concetto di dovere nei confronti della nazione e della famiglia, e il rispetto verso gli esseri inferiori.

 

Dalle tradizioni religiose “esterne” ha preso quegli elementi che meglio si confacevano all’anima giapponese. Il Taoismo ha legittimato e favorito la visione mistica della natura, mentre il Confucianesimo, come scrive Richard E. Nisbett nel saggio Il Tao e Aristotele, «si occupò principalmente di ordinare in maniera gerarchica le regole di comportamento delle persone illustrandole nei minimi dettagli». Le sue regole hanno regolato e regolano tuttora la vita sociale in Giappone, introducendo il rispetto per gli anziani, la sottomissione all’autorità e la lealtà nei confronti dell’Imperatore. Principi che verranno accolti anche dal Bushidō, il codice d’onore dei samurai.

 

Un’ultima notazione ci viene nuovamente da Will Ferguson, il quale osserva, a proposito dello Shintoismo, che «si tratta forse dell’unica religione al mondo alla quale non è stato possibile convertire i popoli sottomessi.»

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